Estero
Il piano imperialista di Trump: occupare e invadere per “rendere l’America grande”
Davide Mazzotta 12/01/2025

Non essendoci ancora stato il giuramento (che avrà luogo il 20 gennaio 2025) Trump attualmente non è il Presidente degli Stati Uniti. Eppure il momento di fare i conti con la realtà (lasciando da parte la propaganda di parte) sembra essere arrivato prima del previsto: Trump pacifista non esiste.
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La favola elettorale di Trump che avrebbe portato la pace
Uno dei mantra principali dei trumpiani statunitensi (e anche italiani) è che Trump avrebbe riportato la pace nel mondo.
La propaganda si sa: riesce ad illudere e a creare narrazioni completamente scollegate dalla realtà e questo sembra essere proprio il caso.
Durante la campagna elettorale Trump ha più volte criticato Biden per il suo atteggiamento- a suo dire- troppo morbido nei confronti di Gaza e dei palestinesi, facendo capire quanto una sua presidenza sarebbe stata incentrata su una distruzione ancora maggiore di quello che resta della Palestina.
Sempre negli scorsi mesi Trump ha dichiarato che Biden sbagliava a non attaccare i siti nucleari dell’Iran, affermando che se fosse diventato presidente non sarebbe stato così diplomatico verso Teheran.
Il primo mandato di Trump, invece, detiene il record di bombe sganciate sull’Afghanistan in un anno: parliamo di 7.423 bombe sganciate nel 2019. Gli Stati Uniti non avevano mai bombardato così tanto l’Afghanistan come in quell’anno.
Sempre durante il primo mandato di Trump (precisamente nel 2020) gli Stati Uniti tramite un raid aereo assassinarono il generale iraniano Qassem Soleimani, una figura che era chiave nelle politiche del Medio Oriente. L’evento rischiò di generare un conflitto globale, con l’Iran che emise un mandato di arresto per il Presidente Trump con l’accusa di “omicidio e terrorismo”.
Insomma, possiamo dire senza problemi che da anni abbiamo sotto i nostri occhi una serie di eventi e dichiarazioni che ci dimostrano che Trump (come la quasi totalità della classe politica statunitense) è tutt’altro che un portatore di pace. Eppure in questi mesi c’è stato chi ha voluto credere alla propaganda.
Una propaganda miope e ridicola che è stata smentita proprio da Trump in uno dei suoi primi discorsi.
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L’annessione del Canada
Donald Trump da settimane ormai ripete che pur di “rendere l’America grande” avrà come obiettivo quello di annettere il Canada agli Stati Uniti, rendendolo così 51enesimo stato statunitense.
Sul social Truth il leader del partito repubblicano ha condiviso una foto che ritrae il Canada come parte degli Stati Uniti, commentando: “Oh Canada!”
La possibilità di essere invasi dalla furia imperialista statunitense non ha particolarmente fatto piacere ai canadesi, tant’è che il primo ministro dimissionario Justin Trudeau ha affermato sui social che non c’è alcuna possibilità che il Canada diventi parte degli Stati Uniti.
Pochi giorni fa durante una conferenza stampa tenutasi in Florida, Trump è tornato sull’argomento ribadendo di essere serio ma “tranquillizzando” sul fatto che non utilizzerà la forza militare per annettere il Canada, ma “solo”minacce di tipo economico.
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L’inferno a Gaza
Coerentemente con quanto già affermato durante la campagna elettorale, Trump ha dato un ultimatum a Gaza: ostaggi israeliani liberi entro il giorno della sua inaugurazione o Gaza sarà un inferno: “se gli ostaggi israeliani non verranno liberati prima del mio insediamento il 20 gennaio, si scatenerà l’inferno in Medio Oriente e non sarà un bene per nessuno”.
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Groenlandia
Un altro territorio che dà spazio alla voglia di invasione di Trump è quello della Groenlandia, isola che appartiene alla Danimarca e sulla quale ci vivono circa 57.000 persone.
Il leader del partito repubblicano afferma che l’isola si trova in una posizione strategica poiché consente di tracciare gli spostamenti delle navi cinesi e russe nell’alto Atlantico e che proprio per questo “ne abbiamo bisogno per la sicurezza economica degli Stati Uniti”.
Il territorio della Groenlandia abbonda inoltre di risorse naturali come minerali rari, petrolio e gas.
Intervistato da un giornalista, Donald Trump ha dichiarato di non poter assicurare che non ricorrerà alla coercizione militare o economica per raggiungere quest’obiettivo.
La replica a queste dichiarazioni è arrivata sia dal primo ministro danese Mette Frederiksen:”La Groenlandia non è in vendita. Non è una questione da discutere. È un territorio autonomo con una popolazione che decide del proprio futuro” che dal premier groenlandese Múte B. Egede: “Non siamo in vendita. La Groenlandia appartiene al popolo groenlandese, e siamo orgogliosi del nostro status autonomo”.
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Canale di Panama
Sempre nella conferenza stampa tenutasi in Florida, Trump ha dichiarato di voler ripristinare il controllo statunitense sul canale di Panama, non escludendo l’utilizzo della forza militare: “Il Canale di Panama è stato costruito per i nostri militari. Non posso dare assicurazioni sul fatto di non usare la forza militare… potrebbe darsi che dovrò fare qualcosa”.
Queste dichiarazioni hanno provocato una ferma replica delle autorità danesi. Il presidente José Raúl Mulino ha dichiarato che la sovranità del Canale di Panama “non è negoziabile”; mentre il ministro degli Esteri, Javier Martinez-Acha, ha ribadito l’intenzione del governo panamense di mantenere ottimi rapporti con vari esecutivi, incluso quello di Washington, ma ha sottolineato che non esiste alcuna offerta o discussione in corso riguardo al controllo del canale.
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Golfo del Messico
Trump ha inoltre affermato di voler cambiare il nome al golfo del Messico, chiamandolo “golfo d’America”: “sarebbe un nome bello e appropriato” ha dichiarato il leader del partito repubblicano durante una conferenza stampa.
Realtà e favole
Insomma, tra cambi di nomi per un mondo che abbia al centro solo gli Stati Uniti, territori minacciati di invasioni militari, paesi minacciati di sanzioni economiche e l’inferno in Medio Oriente dietro l’angolo; la prima conferenza stampa di Trump sulla politica estera dimostra quanto la favola del Trump pacifista resti appunto solo una bella favola.
Una favola alla quale anche in Italia in molti avevano creduto.
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Crediti foto copertina: Keystone